Tack

Concorso Internazionale

Breve Sinossi:

“Tack”, lungometraggio della regista Vania Turner, presentato in anteprima mondiale al 26° Thessaloniki International Documentary Festival, segue la storia di Sofia Bekatorou, la campionessa olimpica di vela che ha avviato il movimento #MeToo in Grecia. Il coraggio nel denunciare un atto di violenza perpetrato da una figura influente nella Federazione Ellenica di Vela catalizza un’onda di cambiamento sociale senza precedenti nel paese. Amalia, giovane sportiva, ispirata dall’atleta, decide di portare avanti la battaglia personale per la giustizia, dopo aver subito abusi da parte del suo allenatore durante l’infanzia.

Il documentario segue le due donne attraverso due anni cruciali, testimoniando la loro determinazione nel cambiare il panorama sociale greco. Sofia, sostenitrice attiva di riforme legali per dare voce alle vittime di abusi, e Amalia, protagonista del primo processo #MeToo in Grecia contro il suo abusatore, affrontano con dignità e risolutezza le sfide del sistema giudiziario e della società stessa. Il film dipinge con tocco sensibile e vibrante il dramma del tribunale, attraverso animazioni che danno vita alle intense dinamiche processuali.

“Tack” documenta il coraggio di affrontare la violenza di genere, mostrando l’impatto del trauma sulle vittime e le carenze del sistema giudiziario, così come l’isolamento delle vittime nelle piccole comunità.

TRAILER

Regia:  Vania Turner
Produzione:  ONASSIS CULTURE
Produttore:  Afroditi Panagiotakou, Dimitris Theodoropoulos
Montaggio:  Vania Turner, Nikoleta Leousi
Fotografia:  Vania Turner
Durata:  96′
Paese: Grecia
Anno:  2024

Note di Regia:

Ho iniziato a filmare Sofia quando è diventata un simbolo nazionale e ho incontrato Amalia poco dopo che ha preso la difficile decisione di portare il suo abusatore in tribunale. In questi due anni, e soprattutto durante il processo, la mia telecamera è diventata una sorta di archivio dei loro pensieri e siamo diventate estremamente vicine. Concentrarmi su di loro mi ha permesso di iniziare un’esplorazione profonda del trauma complesso, rivelando il profondo impatto che ha sulle vittime e sui loro cari. Mi ha anche permesso di andare oltre la vita dei protagonisti per raccontare la storia di un sistema giudiziario criminale in crisi e per mostrare come l’insularità delle piccole città finisca per isolare e stigmatizzare le vittime, compresi i bambini.